Il diabete mellito rappresenta una malattia ad altissimo impatto sociale. È una condizione che in Italia colpisce il 6% della popolazione. Probabilmente con la quota non diagnosticata correttamente e con il pre-diabete, importante ma ancora poco conosciuto, si arriva al 10%. Il diabete colpisce la popolazione ultra 65enne sia maschile, sia femminile ed in questa fascia si arriva al 20% del totale della popolazione.
Presenta enormi costi sociali sia diretti (gestione della malattia) sia indiretti (ospedalizzazioni, ricoveri, farmaci, necessità di cure specialistiche). È la prima causa di infarto, di dialisi, di cecità, di amputazioni di arti inferiori, di impotenza e di disfunzione sessuale nel maschio, e comporta problemi anche alla sfera riproduttiva delle donne. Non è un elenco che deve terrorizzare bensì una chiamata all’azione.
Negli ultimi anni si è scoperto che la base fisiopatologica del diabete di tipo 2 e della Mafld (alterazione della patologia del fegato non causata dall’alcol né da malattie virali ma legata a condizioni di dismetabolismo) è la stessa. Alla base c’è infatti l’insulino-resistenza: il nostro ormone più importante e potente non funziona. La correlazione tra diabete e Mafld è così stretta che quando compare il diabete aumenta il rischio di una steatosi epatica; viceversa soggetti che hanno la Mafld hanno maggiori probabilità di sviluppare il diabete.
La sfida è riconoscere presto questa condizione, trattarla e capire quali farmaci utilizzare. Farmaci che normalmente utilizziamo per il diabete: sono tantissimi ed offrono una grande protezione sul danno cardiaco e sul danno renale. Il dato tranquillizzante è che sono tutti sicuri. Soltanto alcuni hanno però dimostrato di essere protettivi, oltre che per il diabete, anche per il danno epatico. Dobbiamo comprendere in che modo ed in che misura potremo utilizzarli sempre di più e sempre meglio.